La pandemia ha reso centrale la fiducia

Nel 2020 il boom di donazioni per l’emergenza, con oltre 785 milioni di euro raccolti, ha toccato tangenzialmente le organizzazioni non profit, secondo i dati raccolti da Italia Non Profit.

Solo il 22% di queste donazioni è passato attraverso il Terzo settore. Il resto dei fondi sono stati orientati principalmente a ospedali, protezione civile, Croce Rossa che hanno canalizzato una mole di risorse ingente.

La relazione che si è instaurata con il donatore è stata caratterizzata da due aspetti: la disintermediazione nel processo donativo e la prossimità della buona causa da sostenere.

Moltissimi italiani hanno donato direttamente alle strutture sanitarie e si sono fatti promotori di donazioni sul territorio.

La dimensione emergenziale mondiale ha messo in moto la voglia di contribuire direttamente alla risoluzione dei problemi e questo ha motivato le persone a donare senza la mediazione del terzo settore.

Le donazioni sono state dunque incanalate verso quei soggetti maggiormente coinvolti nella causa “Covid-19” generando un effetto crowding out, ossia uno stravolgimento delle scelte dei donatori, tipico delle grandi emergenze.

L’altro aspetto è la prossimità, ossia la necessità di intervenire sul proprio contesto territoriale, donando a progetti “vicini”.

La società civile ha mostrato sensibilità nei confronti dei bisogni territoriali e si è dimostrata desiderosa di fare rete e promuovere solidarietà per trovare soluzioni immediate a problemi comuni. Da nord a sud sono state tantissime le raccolte attivate per la consegna di pacchi spesa solidali nei propri territori.

A causa del lockdown e del distanziamento, ciò che ha accelerato questa disintermediazione tra donatori e bisogni e reso possibile una forma di prossimità a distanza sono state le piattaforme di crowdfunding, diventate canali versatili di fundraising, accessibili a diverse tipologie di donatori: persone comuni che hanno aperto campagne digitali, vip che si sono attivati come personal fundraiser, ma soprattutto aziende che hanno sfruttato il servizio digitale per avviare campagne.

Si veda l’esempio della macro raccolta per Croce Rossa Italiana su Rete del Dono, dove aziende, tra cui PwC con #PwCCare, hanno attivato campagne dedicate.

Anche dal lato fondazioni abbiamo assistito a un cambiamento del comportamento donativo, che si è spostato dal singolo progetto al sostegno delle organizzazioni. Un modello di intervento dettato dall’emergenza, che evidenzia la necessità di scardinare la separazione tra enti erogatori e enti beneficiari per orientarsi sempre più verso collaborazioni strutturate e continuative.

Con la pandemia la relazione con il donatore è divenuta più diretta, rendendo più dirimente il tema della fiducia e della trasparenza, come elementi per fornire certezza dell’impatto del dono. Il digitale favorisce questo accorciamento di distanze offrendoci straordinarie opportunità.

È importante però valorizzare il ruolo del Terzo settore in questa dimensione “tecnologica”, non solo come intermediario di donazioni ma come luogo dove si esprime quella fiducia e reciprocità che rendono il fundraising un meccanismo efficace di innovazione sociale.

 

Articolo tratto dalla Guida “Non Profit” de Il Sole 24 Ore.


Martina Bacigalupi è docente Università di Bologna e dei corsi Cultura e Fundraising e Fundraising con le Fondazioni Internazionali.

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