Era il 2005 quando nasceva produzionidalbasso.it, la prima piattaforma di crowdfunding in Italia; oggi quell’esperienza ha fatto molta strada raccogliendo finanziamenti per 2.559.933,29 euro, 1.127 progetti e 95mila utenti. Una crescita esponenziale che l’Università Cattolica ha fotografato restituendoci una mappa eterogenea di 81 piattaforme che oggi costituiscono potenzialmente un’infrastruttura che è in grado di sostenere, dal basso, una nuova produzione di beni e servizi prima impensabili.
È infatti la dimensione sociale l’input del crowdfunding: la moltitudine che condivide per produrre un impatto, un’innovazione o un’invenzione che sempre di più vede come pubblico di riferimento il modo del non profit e dell’impresa sociale (il 74% si rivolge ad associazioni) impegnato in campagne a finalità sociale (34%) e culturale (37%).
La significatività di questo strumento per il terzo settore non va collegata solo all’opportunità di trovare un canale di finanziamento alternativo a quello della pubblica amministrazione, quanto invece alla capacità di rigenerare la dimensione comunitaria e reputazionale e di rispondere alle nuove istanze di partecipazione dal basso. In questo senso le piattaforme donation e reward based stimolano non solo un atto donativo, ma anche un meccanismo di immedesimazione e di attivazione collettiva.
Rete del Dono, dove il progetto sociale diventa una sfida della persona e della sua community, è esemplare; la conseguente donazione è un atto di co-produzione e tutti, potenzialmente, possono diventare fundraiser (personal fundraising). Ma non solo la condivisione può diventare risorsa per sociale, anche la competizione. È il caso del crescente interesse delle aste benefiche (anche su eBay è presente una sezione) il cui ricavato va quasi sempre a progetti di utilità sociale. Sono meccanismi diversi dal classico crowdfunding, pensato per raccogliere poco da molti; sono, infatti, modelli di disintermediazione ideati per stimolare una competizione fra molti per poi aggiudicare il premio solo ad uno.
Accade così di trovare nella piattaforma di Charity Stars (3.425.120 euro raccolti a sostegno di 326 organizzazioni non profit) l’asta per una cena con Briatore (5.500 euro l’ultima proposta), le maglie autografate di calciatori o la cena con un grande chef. Esistono poi anche forme ibride che associano all’asta la possibilità di fare donazioni, come nel caso di Wish Raiser, portale che per finanziare una buona causa, ha lanciato oltre all’asta anche numerose altre opzioni in termini di ricompensa.
Ma il sociale non è solo l’universo fatto di associazioni: è sempre di più quella terra di mezzo dove la dimensione produttiva e imprenditoriale sta infrastrutturando una nuova generazione di imprese sociali e di civismo, che hanno nel coinvolgimento con la comunità il presupposto del proprio agire. Il crowdfunding diventa quindi uno strumento straordinario per incorporare e ri-generare la comunità attraverso “la community” e per trasformare gli “stakeholder” (portatori di interessi) in “assetholder”, ossia portatori di risorse.
La rivoluzione, insomma, è già iniziata, tanto che anche i Comuni più piccoli e persino le parrocchie hanno cominciato a lanciare le loro iniziative. Per quanto riguarda l’Italia, i casi forse più noti sono quelli della Città della Scienza di Napoli, del Portico di San Luca di Bologna e il progetto del Comune di Milano.
Il primo ha visto la Fondazione Città della Scienza impegnata nella raccolta, grazie alla piattaforma DeRev, di 1, 466 milioni per ricostruire il polo scientifico distrutto nell’incendio doloso nel marzo 2013; il secondo è stato attivato attraverso Ginger ed ha raccolto 339mila euro per la ristrutturazione di un bene pubblico molto caro ai bolognesi.
A Milano, la formula è diversa: sono i cittadini stessi a proporre i progetti da finanziare. Quelli più meritevoli che riusciranno a mettere assieme, attraverso le donazioni, almeno la metà del budget, saranno co-finanziati per un importo massimo di 50mila euro, fino all’esaurimento delle risorse disponibili, ovvero circa 400mila euro.
È però dal fronte impresa sociale che potrebbe arrivare la sorpresa. Oltre all’offerta già ricca di strumenti di crowdfunding pensati dalle banche per il non profit produttivo come Il mio dono di Unicredit, la piattaforma Terzo Valore di Banca Prossima, la sperimentazione fra Banca Popolare Etica e Laboratori dal Basso sul microcredito e le esperienze di banche del territorio come CivicBanca della Banca Polare Cividale e di Eticarim della Banca Carim, la riforma del Terzo Settore, appena licenziata dal Senato, sta disegnando nuove opportunità di finanziamento. Nel disegno di riforma (art. 9) in analogia a quanto previsto per le startup innovative è inserita la possibilità di avvalersi dell’equity crowdfunding.
Un’innovazione di rottura che, insieme ad un’impresa sociale finalmente riformata, potrebbe aprire la strada a nuovo mercato di capitali orientati all’impatto sociale e ad una nuova stagione d’investimenti “della comunità per la comunità”.