5×1000: istruzioni per l’uso

I contribuenti italiani in sede di dichiarazione dei redditi possono scegliere di destinare una quota della propria Irpef (l’8, il 5 o il 2 per mille) a soggetti che operano in diversi ambiti della società.

Sono strumenti di raccolta fondi che però non richiedono al donatore una privazione di risorse, in quanto sono parte dell’imposta che il contribuente è tenuto a versare comunque.

Lo Stato dà la possibilità di compiere tutte e tre le assegnazioni contemporaneamente, in quanto destinate a target diversi:

1. Stato – per finalità di carattere sociale o umanitario – Chiesa Cattolica o confessioni religiose (8 per mille);
2. organizzazioni non profit (5 per mille);
3. associazioni culturali o partiti politici (2 per mille).

Introdotto dalla finanziaria 2006, il 5 per mille ha portato in questi anni al Terzo settore oltre sei miliardi.

Solo nel 2020 sono stati 495,5 milioni gli euro erogati a 64.771 enti beneficiari (la platea di beneficiari è più che raddoppiata dal primo anno) grazie alle scelte di oltre 14 milioni di contribuenti (il 34,4% della popolazione).

Possono beneficiare del 5 per mille gli enti non profit iscritti ad appositi elenchi dell’Agenzia delle Entrate e alcuni enti pubblici (Comuni, Istituti universitari e di ricerca, etc.).

Ogni contribuente può assegnare lo 0,5% dell’imposta netta Irpef inserendo il codice fiscale dell’organizzazione scelta nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi e apponendo la propria firma.

Nel 2018 l’importo medio di una firma si attestava attorno ai 30 euro con uno scostamento abbastanza significativo da regione a regione (41euro in Lombardia, 28 euro in Abruzzo).

Articolo tratto dalla Guida “Non Profit” de Il Sole 24 Ore.

APPROFONDIMENTI:

Marianna Martinoni è docente dei corsi Fundraising Masterclass e Cultura e Fundraising.