Pensare prima di fare…l’importanza della pianificazione

Presi dal fare e schiacciati dal poco tempo per fare, viene spesso trascurato nei contesti organizzativi un elemento imprescindibile per un’attività di fundraising efficace: la pianificazione, a partire dalla definizione di Obiettivi, Mete, Strategie, Tattiche…

Al di là degli approcci e delle definizioni, la cosa che conta, e che sempre di più si rivela fondamentale, è fare una buona azione di programmazione, di pianificazione… chiamatela come volete, ma fatela!

Spesso le organizzazioni hanno una buona capacità di progettazione e di pianificazione rispetto alla gestione dei loro servizi, sanno programmare ogni singolo processo e lavorano molto utilizzando diagrammi di flusso per ogni procedura. Poi invece, quando pensano ad un’azione di fundraising – che sia una campagna Natale, una campagna 5 per mille, una campagna di sensibilizzazione o di people raising, piuttosto che una semplice comunicazione specifica destinata ai soci – ecco che allora tutto il tempo e tutte le risorse dedicate sono destinate all’aspetto di creazione e lancio/diffusione della campagna.

Poco (e sono ottimista) tempo è destinato a raccordare l’azione specifica con la pianificazione strategica e complessiva di sviluppo dell’organizzazione, a definire gli obiettivi dell’azione in oggetto, a individuare i parametri qualitativi e quantitativi che si vogliono raggiungere, a ragionare sulla profilazione e segmentazione del target… per non parlare dell’individuazione degli strumenti di monitoraggio, della valutazione dei risultati e la comparazione con le azioni già realizzate in passato.

In sintesi, ci si focalizza sul fare, sull’implementazione di un’azione, come se fosse estranea al contesto organizzativo e come se non fosse importante capire che impatto abbia verso i pubblici di riferimento. Ogni azione di comunicazione genera una reazione (anche quando passa inosservata e non riesce a raggiungere il target a cui era destinata) e non possiamo non tenerne conto.

Dobbiamo lavorare con cura prima e aver definito tutti gli aspetti che ci possano poi permettere di capire se si è raggiunto l’obiettivo dato. E se sì, con che efficacia? A quale prezzo? Quali altre reazioni ho messo in moto che non avevo pianificato? Quali sono i margini di ottimizzazione per quell’azione che posso agire nel momento in cui la implemento ancora?

Le tecniche e i riferimenti in letteratura sono praticamente infiniti riguardo alle modalità di pianificazione, soprattutto se andiamo a declinarla rispetto al marketing; è assolutamente comprensibile che, per chi fa altro nella vita e si ritrova a gestire in modo non strutturato l’area fundraising di una cooperativa sociale, piuttosto che di una organizzazione di volontariato, sia complesso acquisire specifiche e professionali competenze al riguardo. Cercare però una modalità, uno schema, un modello di riferimento da seguire che ci imponga di farci delle domande (e di dare risposte!) prima di concentrarci sul fare, prima di implementare un’azione di marketing sociale, diventa fondamentale. Ecco che allora ogni singolo sforzo fatto ha più probabilità di essere efficiente e, se si fa in modo che la pianificazione diventi un modus operandi allora all’efficienza si aggiunge anche l’efficacia.

Alla fine poi, la percezione di tempo perso a pianificare che spesso attanaglia chi vive realtà del non profit in cui le cose da fare sono molte e le persone che le fanno sempre poche, si trasforma in un tempo ben speso, perché fare senza pensare comunque costa tempo, magari ci mettiamo di meno nell’immediato, ma la frustrazione se non otteniamo risultati (senza nemmeno capirne il motivo) ha sicuramente un costo notevole!


Catia Drocco è docente del CORSO BASE I livello Strategie di Fundraising che si terrà a Forlì il 21-22-23 ottobre 2020.

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