L’informazione del saper fare

La materia di cui disponiamo oggi è identica a quella dei predecessori ominidi del Paleolitico. Ciò che fa la differenza è il modo con cui tale materia è ordinata, e quindi il suo contenuto di informazione. Partendo da questa semplice – ma tutt’altro che ovvia – constatazione, Cesar Hidalgo, fisico di origine cilena che dirige il Macro Connections Lab presso il Media Lab del Mit, offre un approccio alla comprensione del funzionamento dei sistemi economici semplice, pragmatico, concettualmente elegante e innovativo.

Gli oggetti che fanno parte della vita quotidiana ci sono così utili proprio perché contengono un’enorme quantità di informazione, che si è andata accumulando con le generazioni e che ci ha permesso di plasmare la materia in modo che rispondesse minuziosamente ai nostri bisogni, alla nostra estetica, alle nostre visioni del mondo. Un prodotto è, in ultima analisi, una forma di “immaginazione cristallizzata”.

Le conoscenze e il saper fare necessarie per plasmare la materia e ottenere anche i più semplici degli oggetti sono spesso così articolati e complessi da trascendere le capacità di un singolo individuo: quanti di noi sarebbero in grado di produrre una semplice sedia stampata di plastica, per non parlare di un’automobile o di uno smartphone? Persino molti degli ingegneri che progettano parte delle macchine e dei processi per ottenere un oggetto sono in grado di svolgere il loro lavoro solo perché dispongono di oggetti che a loro volta incorporano altrettanto grandi quantità di informazione (si pensi ai computer e ai software per la progettazione Cad/Cam).

È grazie a questa capacità che l’uomo è capace di trasformare la propria immaginazione in realtà e di plasmare l’ambiente per rispondere – non sempre nel modo più saggio, per la verità – alle sfide adattative che ci troviamo a fronteggiare. Ciò che l’uomo ha imparato a fare è costruire reti sociali in cui molti individui cooperano, in modo incredibilmente complesso e sofisticato, nella produzione di informazione e nella sua trasposizione materiale: i sistemi di produzione e distribuzione di beni, ovvero le nostre economie, veri e propri depositi sociali di conoscenza e saper fare (knowhow).

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Il funzionamento efficiente di un sistema economico può quindi essere letto in termini di capacità ed efficacia computazionale: la capacità, cioè, di raccogliere ed elaborare tutte le informazioni necessarie per dare ordine alla materia sotto forma di tipologie e quantità di beni e servizi che riflettono più accuratamente possibile le richieste, implicite ed esplicite, dei potenziali acquirenti. E la capacità di calcolo di un sistema economico dipende proprio dal patrimonio di conoscenza e saper fare, individuale e sociale, che si è accumulata nel tempo negli individui e nelle reti sociali. Le diseguaglianze sono quindi il prodotto cumulativo della capacità di produrre informazione attraverso la conoscenza e il saper fare, e di produrre ulteriore conoscenza e saper fare attraverso l’informazione: ed è proprio la diversa incidenza di questi processi a generare la grande diversità che definisce il genius loci.

Per capire davvero questi processi, più che i semplici modelli centrati sull’equilibrio di cui si servono gli approcci economici più popolari, serve una profonda comprensione del funzionamento dei sistemi complessi lontani dall’equilibrio. La struttura del commercio internazionale può essere vista come un sistema auto-organizzato di flussi di forme immaginative delle quali determinati paesi sono esportatori netti (quelli le cui produzioni sono caratterizzate da un più elevato contenuto di informazione, mentre altri sono importatori netti. La capacità innovativa di un sistema è quindi in primo luogo legata alla quantità di informazione che si è in grado di infondere nei propri prodotti creando valore (rispondendo cioè efficacemente a precise richieste sociali, o creandole altrettanto efficacemente), e le strategie di competitività sono quindi soprattutto strategie sociali di creazione di conoscenza e di saper fare che ampliano significativamente e nella direzione giusta il “Dna produttivo” di un’economia.

L’Italia è stata a lungo un paese-simbolo della capacità di creare valore attraverso una conoscenza e un saper fare immediatamente leggibili e apprezzabili nella sua cultura di prodotto.

È ancora così?

E soprattutto, siamo ancora capaci di navigare la socio-economia della conoscenza e del saper fare attraverso cicli di rinnovamento socio-cognitivo sostenibili ed efficaci?

Lo scarso numero relativo di laureati rispetto alle economie più avanzate e la difficoltà nell’inserirli nei processi produttivi crea qualche timore in relazione alla capacità ed efficacia computazionale della nostra economia. Una prospettiva come quella di Hidalgo, il cui libro L’evoluzione dell’ordine. La crescita dell’informazione dagli atomi alle economie è stato pubblicato da Bollati Boringhieri, fornisce elementi preziosi per capire la natura del problema, rappresentarla in modo sintetico ed efficace e immaginare una strategia di intervento di cui abbiamo decisamente bisogno.

Fonte: nòva Il Sole 24 Ore – 20 novembre 2016

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