Fare Fundraising

Cominciamo con il capire cosa significa fundraising e fare fundraising oggi per un’organizzazione non profit.

La traduzione classica del termine inglese in “raccolta fondi” è a mio avviso piuttosto riduttiva perché non lascia intedere il pieno significato del verbo “to raise“. Questo esprime, infatti, l’idea di “far crescere”, “coltivare”, “sorgere”, e di conseguenza va interpretato come lo sforzo anche etico di sostenere un’azione senza finalità di lucro. Condivido invece in pieno la definizione di H. Rosso: “il fundraising è l’arte di insegnare alle persone la gioia di donare”. Aggiungerei che, per motivare i donatori affinché condividano pienamente i valori di un’organizzazione non profit, oggi più che mai è necessario che il fundraisng venga considerato come un’attività perfettamente integrata con l’attività istituzionale, che comporta il pieno coinvolgimento da parte di tutte le componenti dell’organizzazione, a prescindere dal settore di appartenenza.

In effetti, sarà l’attività di fundraising che, per certi aspetti, porterà l’organizzazione a una verifica continua della “mission”, della “vision”, dei propri valori, del proprio modo di operare, e le consentirà variazioni di percorso nel perseguimento complessivo dei propri obiettivi.

Una riflessione particolare merita il contesto nel quale, oggi, le organizzazioni del Terzo settore fanno raccolta fondi, vale a dire la velocità con la quale si avvicendano i cambiamenti sociali e la difficile situazione economica a livello globale. Tutto ciò determina un cambiamento – o meglio un’evoluzione- delle tecniche di fundraising, che diventano sempre più sofisticate negli aspetti tecnologici e innovative nella ricerca di nuovi modelli di coinvolgimento del donatore, il quale, a sua volta, è sempre più desideroso e capace di esercitare una funzione di controllo sulla realizzazione dei programmi ai quali sono destinate le risorse ottenute dal fundraising.

Quali sono allora le carte vincenti di un buon fundraiser del Terzo settore?

Poco conosciuta fino a pochi anni fa, e tuttora dalla definizione quanto mai complessa con una lunga lista di competenze specifiche, la professione del fundraiser è importante in tutte le sue applicazioni. Il fundraiser ha un profilo ideale di tutto rispetto, deve, infatti, avere competenze tecniche avanzate in tema di marketing, strumenti informatici e analisi statistica. Deve distinguersi per le sue capacità organizzative e per la propensione a lavorare in team, per l’abilità nel rapportarsi con la parte istituzionale, gestire lo stress, conoscere le strategie di pianificazione, di controllo gestione, di comunicazione e pubbliche relazioni. Oltre alle competenze tecniche si aggiunge poi il bagaglio personale formato da entusiasmo, esperienza, buona conoscenza dell’Inglese, una solida istruzione di base e persino un certo senso dell’umorismo…ma soprattutto una grande passione per il proprio lavoro!

Intervista a Francesca Zagni concessa per il Volume “Fundraising e Comunicazione per la politica” (2014) di R.Piccilli, M.Rispoli e R.Race, Editore Rubettino

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