Come fare Fundraising per la Scuola? Alcune esperienze

la prima scuola

Articolo di Natascia Astolfi 

C’è una scuola a Cernusco sul Naviglio in Provincia di Milano, gestita da una cooperativa sociale, che di recente si è imbarcata in un investimento importante finalizzato alla costruzione di un nuovo polo, un edificio inaugurato all’inizio dell’anno scolastico 2012/2013 di 8.550 mq, su un’area di 12.000 mq che oggi ospita la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Ma non solo. La scuola infatti con i suoi laboratori, la palestra, l’auditorium, è pensata come un luogo ed uno spazio “unico” per l’intera città. Per i bambini e per tutti.

La cosa però più interessante da raccontare è che la costruzione della nuova scuola è stato un progetto che la comunità ha condiviso e per il quale si è responsabilizzata, riconoscendolo come un bene per il territorio. La campagna di raccolta fondi straordinaria che la scuola ha messo in atto infatti è riuscita a coinvolgere genitori, familiari, insegnanti, amici, soci, ex alunni, imprese del territorio, fornitori nella costruzione, fondazioni che, con modalità diverse, hanno dato il loro contributo alla realizzazione del progetto. Perché? Perché consapevoli che l’educazione, così come l’assistenza socio sanitaria, la ricerca, la solidarietà internazionale, l’ambiente, la cultura, rappresenta un bene da tutelare, su cui investire, per il quale impegnare la propria responsabilità.

Non c’è futuro in un territorio, senza educazione dei giovani. Si è realizzata cioè una dinamica di fundraising comunitario. Non si dona perché si è ricchi, perché il proprio reddito permette di destinare parte delle proprie risorse a cause sociali, ma perché innanzitutto di quelle cause sociali ci si sente responsabili, perché si condivide una missione, dei valori, delle attività.

C’è un’altra scuola a Bologna, anche questa gestita da una cooperativa sociale, che invece da più di 10 anni ha strutturato una solida strategia di fundraising “ordinario”, vale a dire capace di alimentare anno dopo anno un Fondo Borse di Studio per poter garantire l’accesso e la proposta educativa a tutti i bambini, anche a coloro che non potrebbero permettersi di pagare una retta. Il Fondo esiste da più di 10 anni ed è il frutto di donazioni più o meno consolidate da parte di genitori, amici, imprese del territorio, famiglie, ex studenti, ecc. oltre che di tante iniziative e micro eventi che nascono dalla creatività di genitori che si sentono coinvolti in questa sfida.

E non solo esperienze isolate. Molte scuole del privato sociale, all’estero prima ed in Italia poi, hanno iniziato a svolgere attività di fundraising per poter offrire un maggior numero di borse di studio alle famiglie non in grado di pagare la retta, per poter assistere al meglio e full-time i ragazzi portatori di disabilità, per poter pagare al pari delle scuole statali gli stipendi degli insegnanti, per poter migliorare l’offerta formativa mediante l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia e offrendo delle sedi adeguate ai frequentanti.

E oggi è altrettanto evidente che anche la scuola statale vive una grande difficoltà economica, proprio nella gestione ordinaria, quotidiana delle attività. E allora, se è vero che l’educazione dei nostri bambini è un bene che va tutelato, è realistico pensare che potrebbe non essere una responsabilità solo dello Stato, ma di ogni cittadino, impresa o ente che senta di poter offrire il proprio contributo (economico, di tempo, di know how, relazionale).

E il bello è che tutto questo è possibile! Il bello è che ci sono scuole oggi in Italia che questa dinamica di fundraising la stanno realizzando veramente! Scuole, con diversi modelli organizzativi, che però hanno saputo strutturare un’attività sistematica e non improvvisata di raccolta fondi caratterizzata da strategie che si ripetono anno dopo anno e che sono in grado quindi di consolidare le risorse: campagna 5×1000; micro eventi; merchandising; rapporti strutturati con le imprese del proprio territorio per reperire beni e servizi utili alla scuola; messa a frutto del know how delle famiglie; piccole progettazioni con fondazioni; ecc.

Il vero punto di cambiamento però, soprattutto all’interno delle scuole, è che il fundraising inizi a diventare una strategia, cioè un processo che parte da obiettivi chiari e ben definiti, individua una strada operativa fatta di azioni, tempi, budget, risorse e responsabilità e, infine, giunge ad un risultato che dovrà essere oggetto di una valutazione in itinere ed ex post. Cioè il fundraising vissuto non come la somma di tanti strumenti casuali da implementare – mercatini, feste, lotterie – ma come un processo strategico in cui tutta la scuola possa sentirsi coinvolta.

Perché questo è importante? Perché il fundraising non si esaurisce appena con la raccolta di risorse economiche; non è appena cercare fondi alternativi a quelli pubblici. In fondo e molto più realisticamente, fare fundraising significa instaurare relazioni di fiducia con le persone e le realtà che gravitano attorno alla scuola (famiglie, insegnanti, amici, imprese, fondazioni, ecc.); con quante più persone possibili, con un’intera comunità per facilitare la condivisione con la propria missione e la propria responsabilità educativa. Per fare in modo che questa condivisione possa nel tempo tradursi in una corresponsabilità, anche economica.

Questa condivisione della responsabilità educativa accade. Accade a Bologna, accade a Cernusco sul Naviglio; e chissà in quante altre scuole in giro per l’Italia. Accade cioè in scuole che mantengono viva una rete di donatori fidelizzati, con i quali missione, buona causa, obiettivi e valore aggiunto generato sono sempre chiari e condivisi, la comunicazione è costante, i risultati sono trasparenti.

E oggi è di grande stimolo vedere scuole, non importa se del privato sociale o statali, in cui la responsabilità per la propria missione educativa è talmente forte e concreta da non fermarsi davanti alla ristrettezza economica, ma capace di muoversi per cercare sostegno anche tra i privati, affinché si realizzi il compito educativo di cui tutti di questi tempi sentiamo l’urgenza.


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